Un giorno in trattoria, tra cavalli e cavalieri

Cronache della residenza di Enrico Pantani

raccolte da Nila Shabnam Bonetti

Da pochi giorni viviamo in un nuovo Comune, si chiama Ventasso. Legittime votazioni, bufera tra le fazioni opposte, ma il parere del popolo è stato chiaro: l’unione fa la forza. Ligonchio, Ramiseto, Busana, Collagna si fondono in un’unica entità istituzionale. Personalmente, ve lo dico, mi sono trasferita qui da tre mesi e non so come abbia fatto a non accorgermene prima; io odio il vento, e son capitata in una terra dall’esplicita assonanza con il termine ventaccio. Dettagli trascurabili.

 

Noi, qui, nella Casa Cantoniera che tutti invidiano, ma nessuno abita da anni, ospitiamo un neonato progetto di Artist in Residency. Vi chiederete cos’ha di international abitare sperduti sui monti appenninici, si tratta di un trend che ha investito da qualche anno il mondo dell’arte contemporanea ed è molto contemporaneo strutturare progetti artistici facendo a gara tra chi trova il posto più assurdo in cui stabilirsi. Isole greche perse nel mare e invase da vegetazione, foreste scandinave, insediamenti rupestri nella catena delle Alpi. Capite, a questo punto, che noi qui siamo quelli meno trasgressivi.

Il nostro primo ospite è stato il pittore/disegnatore pisano Enrico Pantani. Gli abbiamo suggerito qualche spunto. Essendo lui qui a Giugno, e dovendo noi presentare il progetto di Artist in Residency (dal nome Valico Terminus) nei giorni della Fiera del Cavallo del Ventasso, perché non sviluppare un progetto proprio su questo argomento?

Un altro aspetto non trascurabile della nostra Residency è legato alla ruralità, intesa anche nella moderna declinazione di “cultura da bar” (bar culture?). Quindi, insieme all’artista, abbiamo chiesto un po’ in giro cosa ne sa la gente del posto del rinomato cavallo che aggiunge valore alla loro storia. Quello che sapevamo già si riassume in pochi aggettivi: rinomato, nobile, autoctono. Un cavallo con il pedigree.

Partiamo dal presupposto fondante della questione: nessuno ne sa nulla, ma tutti ne sanno qualcosa.  La nostra peregrinazione, tra passi, boschi, valli e bar ha portato all’emergere o di verità scomode, o di false credenze popolari. In ogni caso, mi trovo qui a scriverne, perché l’esperienza è stata esilarante. Una prima fonte, che il giorno dopo ha ritrattato, ha affermato con certezza che, l’equino in questione, sia frutto di una bizzarra copula tra un cavallo e un mulo. Immediatamente non ci siamo resi conto della portata devastante della notizia e delle ripercussioni che avrebbe avuto sull’identità storica di questi luoghi. Abbiamo preso con leggerezza la notizia, quindi abbiamo continuato il nostro tour di ricerca, divertiti, ma dubbiosi.

La questione ha iniziato a scottare quando in trattoria (il cui nome,  per riservatezza, non sto a menzionare) altre voci hanno confermato la derivazione originaria cavallo-mulo, con una certa capacità persuasiva. Si scatena un inferno di voci contrapposte che, inizialmente timide, poi convinte e autoritarie, ci hanno tempestato di informazioni.

“Chiaro che si tratta di un incrocio tra un cavallo e un bardotto, bardigiano, di Bardi insomma. Sai dov’è Bardi?”

“Sì, ma tu devi sapere che nella stalla ho delle pietre con incisa una croce celtica e una mezza luna araba. Te lo dico io, si tratta di un incrocio con un cavallo di qui e un purosangue arabo”

“No, è un incrocio con un Maremmano” (spero parlassero del Cavallo Maremmano, non di un cane Pastore Maremmano che qui governa le greggi e protegge le proprietà private)

“Tutti la sanno la storia del cavallo e del mulo”

“Ma non centra niente Matilde (di Canossa), è stata Maria Luigia (D’Austria) a creare la razza.”

“Razza pura è! Che, scherziamo, è un cavallo antichissimo”

“L’ho sentita anche io la storia del mulo comunque”

Tra un bicchiere e l’altro, abbiamo capito che avere lo scrupolo di sentire tante fonti, è un po’ come cercare equità nel Parlamento italiano: un’impresa senza speranze. Abbiamo pure cercato un video su Linea Verde in cui un esperto parlava dei rinomati stalloni matildici che i contadini facevano accoppiare con le fattrici del luogo, di nascosto durante la notte.

Mettere in discussione certezze, smascherare altarini è il gioco preferito degli artisti, spavaldi cercatori della verità, o delle tante verità che si celano dietro ai fatti della vita. Qual è la vera storia del Cavallo del Ventasso? Fonti più autorevoli vogliono nasconderci qualcosa per non compromettere la credibilità e il valore di questo “prodotto” a quattro zampe?

Mentre il Pantani abbozzava nobili muli e appunti di viaggio, noi curators abbiamo capito che la situazione era fuori controllo.

Il giorno dopo abbiamo deciso di sentire anche voci più autorevoli in questo campo che, con grande sicurezza, citavano diversi incroci, tra specifiche razze, che hanno portato alla nascita del nobile equino. “Tutto documentato scientificamente. E poi, il mulo e il bardotto sono sterili! Quindi queste voci sono senza  fondamento”

Carta canta, infatti:

Il mulo è un ibrido sterile a causa del suo corredo cromosomico dispari (63 cromosomi), e deriva dall’incrocio tra l’asino stallone con 31 coppie di cromosomi e la cavalla con 32 coppie di cromosomi. La sterilità di questo animale è dovuta al fatto che avendo un corredo poliploide dispari, alla meiosi, non riesce ad appaiare i suoi cromosomi nella maniera giusta e non riesce a formare gameti “normali”. (Fonte Wikipedia)

Ma dobbiamo aggiungere che un dubbio è legittimo, poiché

Il bardotto è un ibrido, generalmente infecondo che nasce dall’accoppiamento di un cavallo stallone con una femmina di asino domestico. Le femmine possono essere occasionalmente fertili.  (Fonte Wikipedia)

La scienza è l’isola sicura dell’uomo, il cui fardello biologico è l’incertezza.

Può un bardotto essere più trasgressivo, gettando così  un’ombra di dubbio sulla purezza di una razza? E infine, è possibile che le origini del Cavallo del Ventasso siano oggetto di così tante, diverse opinioni?

La storia del Cavallo del Ventasso si perde nella notte dei tempi, così recita un sito specialistico. E mi sa che si è nascosta proprio bene.

Trovo sia divertente chiacchierare su questo argomento che, scherzi a parte, è documentato e noi stessi, freschi di questi luoghi e delle sue tradizioni, indagheremo. L’aspetto che ho voluto cogliere in queste poche righe gioca su come le credenze popolari ricamino sugli argomenti. Magari si è spesso citato il mulo perché una volta si diceva che il Cavallo del Ventasso è forte come un mulo e da lì parte tutta una favola ramificata e ricca di suggestioni.

O forse no…

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Commenti: 12
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